CHOUJIKUU YOUSAI MACROSS: FLASH BACK 2012
STATUS
COMPLETE
EPISODES
1
RELEASE
June 21, 1987
LENGTH
30 min
DESCRIPTION
Flash Back 2012 is Minmei's farewell concert. Featuring some of her best songs, the music is performed over various scenes and events taken from Macross TV as well as Macross "Do You Remember Love". Also included is a newly animated closing sequence showing the launch of Misa's colony vessel, the Megaroad-01, into space.
(Source: Anime News Network)
CAST
Misa Hayase
Minmay Lynn
Hikaru Ichijou
Maximilian Jenius
Milia Fallyna
Roy Focker
Vrlitwhai Kridanik
Claudia LaSalle
Exsedol Folmo
EPISODES
Dubbed
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REVIEWS
RedHat1987
100/100Seconda parte dell'analisi dedicata a Macross DYRL (e comprensiva anche di Flash Back 2012)Continue on AniListPoiché la mia analisi di Ai oboete imasu ka? si è rivelata troppo lunga, proseguirò con la sua seconda parte, che sarà pubblicata sotto l'ala di Flash Back 2012, che è comunque rilevante ai fini della discussione e che si adatta perfettamente al film, poiché ne rappresenta la postfazione.
Abbiamo visto l’importanza del personaggio di Minmay fuori dalla storia di Macross; d’altra parte un assaggio della sua assoluta centralità nella pellicola lo abbiamo già pregustato nella sezione precedente. È mia intenzione, ora, scavare un poco più a fondo e vedere cosa s'annida in fondo al pozzo, avviluppandomi in questo personaggio a me tanto caro. Come non mai, è lei l’assoluta protagonista in questo caso: una battaglia finale che la vede e la dipinge come protagonista, nella quale s'eleva ad ultima speranza della umanità intera nonché sua protettrice. Alla fine, grazie al suo canto rivelatore e risolutore, la guerra sarà vinta: il patriarca Zentradi sarà ucciso dall’incursione di Hikaru mentre gli Zentradi restanti rifaranno proprio il concetto di cultura, uscendo dal ciclo centenario di guerre, conflitti e lotte intestine con le Meltlandi, loro controparti femminili. A questo punto, però, bisogna chiedersi: davvero tutto è bene quel che finisce bene? Tutto risolto senza alcuna conseguenza? Oppure ci sono dei lasciti nell’animo dei personaggi al termine della grande guerra intergalattica? O posta in altro modo: qual è stato, se c’è stato, il prezzo che, in particolare, Minmay ha dovuto pagare per aver fatto vincere la guerra alla razza umana? Perché sì ha fatto ricordare, attraverso il suo soave canto, l’amore ad una razza aliena guerriera che null’altro aveva conosciuto se non la guerra, ma in concreto qual è stato il prezzo che ha dovuto pagare per questo al termine del conflitto? È presto detto: Minmay ne esce letteralmente a pezzi, con le ossa rotte. È riuscita sì nell’impresa di far riacquistare il concetto di cultura lato sensu agli Zentradi ed a condurre gli umani al trionfo finale ma, in buona sostanza, sacrificandosi. Un sacrificio spirituale, oserei; una vera e propria immolazione. In primo luogo, ha l’animo lacerato e a brandelli a seguito della cocentissima delusione amorosa derivante dalla perdita della persona amata: allorquando lei riabbraccia Hikaru dopo il suo ritorno, assieme a Misa, sulla Macross, già comprende che c’è un qualcosa di diverso in lui. Tant’è che la sequenza subito seguente è quella della sua confessione: presso il suo alloggio Minmay gli rivela di amarlo profondamente, quasi come per ottenere dal ragazzo una conferma od una smentita del suo precedente presentimento. Poco dopo irrompe Misa, con in mano il testo decifrato della piastra reperita nella Atlantide sommersa: in questo momento struggente, la starlette capisce che ormai non c’è più posto per lei nel cuore del ragazzo, già conscio di amare la sua rivale in amore. Dinnanzi alla estrema crudeltà dell’amore la ragazza scappa via, tra le lacrime. Ma, come si suole dire, oltre al danno anche la beffa: Hikaru e Misa sanno che l’unica in grado di cantare quella canzone è proprio Minmay; sanno che se non canterà per loro non ci sarà più speranza. Ed allora Hikaru si assume il gravoso compito di convincerla a fare, apparentemente, l’impossibile: convincerla ad interpretare il testo di quella canzone, tradotto e decifrato nient’altro che da Misa, la donna che le aveva appena sottratto l’uomo che amava. Ed ecco che prende le mosse un’altra tra le sequenze più struggenti, emozionanti nonché significative dell’intero film: quella che io, oramai, definisco scena dello schiaffo: Minmay in cuor suo probabilmente ancora sperava che Hikaru cambiasse idea, scegliendo di stare al suo fianco. Ma, ancora una volta, la realtà che si presenterà davanti a lei sarà molto crudele e schietta: il ragazzo l'ha raggiunta non per stare con lei ma per consegnarle il testo della canzone, nel tentativo di convincerla ad esibirsi. Alla ragazza pare un'assurdità: come poteva anche solo chiederle una cosa simile dopo averla appena rifiutata? Come poteva chiederle di dare voce a quel pezzo di carta sul quale, come dice lei, v'ha lavorato “quella donna"? Addirittura Minmay, capricciosamente ed egoisticamente, si spinge oltre, desiderando che i due siano gli unici sopravvissuti, cosicché Hikaru possa pensare soltanto a lei e possano vivere tranquilli. Si spinge ad esprimere la richiesta che tutti gli altri muoiano, infangando pertanto l’onore di tutti coloro che sono caduti in battaglia o molto più semplicemente uccisi a causa del conflitto con gli Zentradi. Ma questo è, oggettivamente, troppo: Hikaru lo sa e pur restio a volerla colpire, alla fine fa ciò che era giusto fosse fatto, tirandole uno schiaffo. La ragazza comprende, quindi, la situazione; fa mente locale, ricorda i suoi defunti genitori (uccisi sulla Terra a seguito dello sterminio di massa) e si fa carico delle proprie responsabilità. Forse con l’animo leggermente più in pace, dopo essersi presa un poco di tempo per rifletterci su, comunica la sua decisione finale al ragazzo: lei canterà, anche in nome della sua famiglia, che, accadesse il contrario, si direbbe delusa dal suo atteggiamento. Questo istante fondamentale ritrae il successivo passo che intraprende la ragazza verso la sua crescita, sia come donna sia come cantante, ma, molto probabilmente, anche la definitiva realizzazione di come lei ed Hikaru, in realtà, si ritrovino in due mondi completamente diversi e separati. Avevamo già tirato fuori, seppur superficialmente, la tematica della incomunicabilità e dei mondi diversi: via il creatore di Macross medesimo, l’opera ruota attorno al dramma umano ma, anche, alla realizzazione di come esistano mondi diversi. E, contrariamente a quello che si potrebbe assumere, potrebbe anche darsi che il mondo di quella persona che credevi a te vicino o addirittura di esserne parte, sia in realtà più lontano di quello che sembri. E per superare le barriere comunicative ma – aggiungo – anche per poter crescere come persone bisogna iniziare da qui: iniziare riconoscendo che i nostri mondi sono in realtà differenti tra di loro. Ma, come anticipato, è anche un motivo di crescita ulteriore: diventa, quindi, cruciale l’assunzione di responsabilità che la ragazza fa, di realizzazione del ruolo che ricopre e dei doveri che da esso discendono. Lo deve, in fondo, e come dirà lei stessa, anche ai suoi genitori, dal momento che decise di intraprendere la strada della cantante contro il loro assenso. D’altra parte, se non sei in grado di assumerti delle responsabilità non sei altro che un bambino, quale quest’ultima si era dimostrata di essere; invece, ella sceglie di cantare, avanzando, dunque, verso la strada dell’adultità. Sempre con riguardo ai mondi differenti, la medesima linea interpretativa può essere rintracciata anche in un’altra scena: appena dopo essersi esibita, l'idol si gira notando in sua corrispondenza Misa, sopraelevata all’interno del ponte di comando della Macross. Le due, quindi, contraccambiano un intenso scambio di sguardi, immerso in un profondo silenzio. I loro volti, inizialmente, appaiono seri, quasi a rimarcare la loro rivalità ma alla fine le due ragazze si sorridono a vicenda, con Minmay che, sublimemente, alza il braccio in segno di trionfo, stringendo nella sua mano chiusa a pugno il testo della canzone. Anche in questa scena potrebbe rintracciarsi un reciproco riconoscimento di come le due abitino, in realtà, mondi diversi, ma, soprattutto, di come le due maturino e sviluppino un profondo rispetto l’una per l'altra e di come, in un certo senso, si riappacifichino.
Ma, a dirla tutta, la scottante delusione amorosa con Hikaru non è una triste esperienza di per sé isolata ed autonoma. No, perché a sua volta va a sommarsi e ad aggravare uno stato di malessere già vigente ed antecedente a questo. A dirla tutta, un malessere nemmeno troppo celato se ci si pensa e che nel film verrà fuori per ben due volte ed in maniera anche abbastanza palese (soprattutto la seconda). A quale malessere mi riferisco? Minmay all’inizio della storia è già una cantante di successo e più volte nel corso del film lascia trasparire di come questa professione e questo mondo – quello dello spettacolo, intriso di pressioni, aspettative, fitti e quasi continui impegni e, perché no, anche di scandali – la stia asfissiando ed opprimendo. Sostanzialmente, è stufa e non sopporta più di dover stare tutti i giorni sotto le luci dei riflettori e al centro dell’attenzione dei media. Subisce, insomma, l’altra faccia di quella moneta chiamata fama, con tutte le conseguenze – anche sgradevoli e non volute – che essa comporta (e che purtroppo, immagino, moltissime altre sue colleghe, anche reali, abbiano sperimentato, forse talvolta persino conducendole ad un vicolo cieco o al brusco termine della propria carriera). Già quando resta intrappolata assieme ad Hikaru ad inizio film sembra per certi versi quasi sollevata; un’occasione per prendersi qualche inatteso, ma ben gradito, giorno di riposo dalla sua faticosa vita. Ma è la seconda scena nella quale, a mio avviso, realmente trapela questo suo immenso e, affatto celato, malessere: poco dopo il loro appuntamento in notturna, i due si siedono in un luogo isolato della Macross e lì Minmay si apre al ragazzo, confessandogli di come non ne possa davvero più della vita che sta conducendo. E non credo sia un caso che quella presa di posizione sia subito successiva (e ne sia in un certo senso il frutto) all'interruzione del loro appuntamento a causa di un fan “rompiscatole” che, avendola riconosciuta, la stava per approcciare. La sommatoria di questi disagi potrebbero, verosimilmente, averla condotta a manifestare una – forse a lungo troppo celata – nevrosi, cui tragica manifestazione si avrà in quella scena immediatamente successiva a quella dello scambio di sguardi: per citare qualcuno nei cui confronti nutro parimenti della stima, una Minmay sola e abbandonata resta su di un palco ormai deserto come una derelitta, a prendere il tempo col tacchettio del suo stivaletto in una scena desolante e malinconica. E che, in ultima battuta, produrrà in ella l’effetto di andarsene, prendendo il largo alla volta delle colonie spaziali, giacché per lei più nulla v'era in Terra.Ecco la famosa sequenza del tacchettio, una scena che mi sublima l'animo ogni volta che la guardo. Notare le galassie sullo sfondo che torneranno tra poco nel discorso.
In fin dei conti non scopriamo certo oggi di come possa essere esacerbante la vita sotto i riflettori: già Luchino Visconti con quel capolavoro di Bellissima ci ricordava di come esibirsi su di un palco significa pur sempre esporsi dinnanzi ad un pubblico ludibrio e conseguentemente metterci alla berlina. Così come Kon Satoshi con quel terrificante film che è Perfect Blue, seppur in circostanze molto diverse, ci illustrava le malsane e distorte meccaniche che si celano dietro all’industria dell’intrattenimento giapponese – ma non solo questa -, nella sua progressiva marcescenza.
Ma tutta questa sofferenza, attraverso la quale la giovane starlette è costretta a passare, è fine a sé stessa oppure conduce da qualche parte? Ossia serve effettivamente a qualcosa? E se serve, a cosa serve? La risposta, in realtà, si trovava già disseminata tra i meandri di questo longevo discorso: Ai Oboete imasu ka si concentra sui suoi personaggi e sulla loro storia, e tra queste la più eclatante è senza dubbio proprio quella di Minmay. Perché questa pellicola pone altresì in risalto il suo percorso di crescita, la transizione dall'infanzia all'adultità e la sua definitiva ascesa in qualità di cantante ed artista. Alla fine, potremmo enfaticamente quasi affermare che reale protagonista della storia sia proprio la crescita personale della ragazza: tutti cresciamo prima o poi, volente o nolente, e con questa l'avvento di quella transizione citata prima. Quindi sì, è vero che Minmay ne esce a pezzi e con l’animo dilaniato ma ha anche elevato il suo animo ad una dimensione ancora superiore, che le consente di fare quell'ultimo scalino per la sua definitiva maturazione sia in qualità di donna ma, anche e soprattutto, in qualità di cantante. Ergo non tutto il male vien per nuocere: la perdita dell’uomo amato, con tutto il dolore da essa procurata, e verosimilmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso, si configura, infine, come un ostacolo da superare, un passaggio necessario da attraversare per l'ascesa ad uno stato ancora superiore. Umanamente potrebbe essere compatita per quanto le accade nel film ma, rigirando il discorso, se tutto questo non le fosse capitato, non sarebbe mai divenuta, in ultima istanza, una “star": difatti se si cambia angolo prospettico e si guarda alla sua carriera da cantante, essa non poteva che giovarne da questa esperienza. Ed allora torniamo a quella tanto sublime scena descritta poco fa, nella quale la pop idol prende il ritmo: è certamente una scena triste e malinconica ma che in realtà nasconde ben altro. Questa sequenza è la esplicita consapevolezza di Minmay di ciò che la aspetterà, della nuova pagina della sua vita in procinto di avviarsi a seguito dello svoltamento della precedente. Quelle spirali di luce, modi galassie, che possono notarsi in background e tra di loro interconnesse, rappresentano invero le infinite possibilità che il suo futuro ha da offrirle. Questa è l’ultima natura del conteggio: quella di prepararsi per l'avvento del futuro e di un nuovo ciclo della sua vita. E la – a tratti estenuante – lunghezza dello stesso è rappresentativa del lungo e tortuoso viaggio che ella ha dovuto compiere per il raggiungimento di questo approdo. Proprio per tale ragione ritengo che questa scena più che svolgersi in luogo reale si svolga, in realtà, in una dimensione interiore presso la ragazza, presso il suo cuore. E, mi verrebbe da dire, tutto magnificamente torna, perché chi ha visto il film sa benissimo quanto accade poco dopo: il conteggio della ragazza finirà, poi, per trasformarsi nell’attacco del suo ultimo concerto sulla Terra in una transizione maestosa, che sarà protagonista dell’ultima sequenza animata della pellicola. Ma, secondo la mia visione, l’intera scena precedente è una preparazione a quella successiva: ad esempio, le luci sul palco che si affievoliscono, oscurandolo e dando, dunque, l’impressione che una seconda esibizione stia per cominciare di lì a breve. Come detto prima, alla fine del film Minmay se ne andrà dalla Terra e questo appena menzionato è il suo concerto d’addio, tenutosi due anni dopo dalla fine del conflitto e proprio sul pianeta azzurro, ormai ricostruito, con la guardiana Macross al suo centro. Il suo ultimo concerto sulla Terra, nel quale canterà il singolo “Tenshi no Enogu” (sul quale mi soffermerò dopo in una sezione a lui dedicata), è il culmine del percorso di maturazione e crescita intrapreso da Minmay, nonché della sua consacrazione in quanto cantante: si tratta di un concerto universale, tenuto davanti a migliaia e migliaia di persone, composte da tante razze diverse ma tra di loro tutte coese, in un momento unico di spensieratezza, lietezza e festosità. Un concerto unificatore di popoli in nome di un’unica e salda cultura, della quale Minmay si assurge a musa cantautrice e che la proietterà nella leggenda, ascendendo, infine, con il suo animo verso i cieli, così eternandola per le decadi a venire grazie alla musica. In fin dei conti, lei la musica non l’ha mai detestata: era la sua vocazione, il suo secondo amore, grande tanto quanto quello che ha provato per Hikaru. Seppur brevemente, durante il concerto possono notarsi due immagini, tra di loro quasi agli antipodi: la prima nella quale Minmay appare depressa davanti alle telecamere e ai giornalisti, la seconda, invece, nella quale, di tutto l’opposto, appare sorridente e con dei mazzi di fiori in mano, in qualità di doni. Queste due immagini, quasi a rimarcare un prima e un dopo, certificano effettivamente che malgrado i burrascosi momenti di difficoltà, la ragazza è, in conclusione, arrivata allo status di star acclamata; uniti al ritratto rasserenato che di lei ci viene presentato a schermo - anche nel suo volto – è, per me, l’evidenza di come la sua vita abbia ripreso a scorrere, voltando definitivamente pagina. Le difficoltà fanno parte della vita di tutti i giorni e come tali, e per quanto dolorose, bisogna cercare di affrontarle: essa deve, pertanto, andare avanti. Un modo lo si può sempre trovare e, come dicevano i grandi saggi, non conta come o quante volte tu cada; contano le tue reazioni a seguito di questa caduta. E sotto questo punto di vista, direi che Minmay si è pienamente rialzata; forse un poco acciaccata, ma comunque rialzata. D’altra parte non si può pretendere che le ferite dell’animo si rigenerino in poco tempo; al contrario in quanto tali ne richiedono notoriamente parecchio.
Finita qui? In realtà non proprio, perché a conclusione di questa parte ci tenevo a spendere qualche parola anche sul finale originale della pellicola in senso strettissimo, il quale, a mio avviso, può ugualmente regalare degli spunti interessanti: dalla versione definitiva del film, infatti, sono state escluse alcune sequenze conclusive, ambientate verosimilmente durante il concerto d’addio di Minmay sulla Terra. Questa “postfazione", se così si può definirla, venne tagliata per motivi banali, quali budget e tempistiche, e venne inclusa in un corto di circa mezz’ora rilasciato alcuni anni più tardi, nel 1987, per commemorare il quinto anniversario della serie. Flash Back 2012 è in buona parte una compilation delle hit songs più celebri di Lynn Minmay, riproposteci con sequenze animate riciclate provenienti sia dalla serie televisiva che dal film; è quindi verso la fine che si mostra allo spettatore il finale vero e proprio. Una Minmay visibilmente cresciuta e dalle vesti nere torna presso il luogo nel quale non molto tempo prima si era consumato il suo ultimo concerto: per pochi secondi ci viene mostrata seduta presso una platea deserta; poi addiviene alle pendici del palco e vi sale. Qui vi trova ancora un pianoforte: basta suonare qualche tasto affinché le riaffiorino i ricordi del suo ultimo live concert. A questo punto rivediamo daccapo la sua esibizione, con il suo ultimo singolo che inizia a suonare ed accompagnato da una narrazione poetica e suggestiva, nella quale ella rivede i suoi due compagni ed amici, Misa ed Hikaru, ambedue cresciuti. Nella sequenza immediatamente successiva assistiamo alla partenza in senso stretto della ragazza dalla Terra: la vediamo in camera sua, immersa nei suoi ricordi e assaporando la nostalgia di quei bei tempi trascorsi con la sua famiglia ed, al contempo, intenta a terminare le sue valigie. Sono scene tristi ed estremamente malinconiche, che ci ritraggono una Minmay non ancora ripresosi dalla sua nefasta delusione amorosa, ma che se viste (od ascoltate) sotto una diversa luce, grazie alla canzone in background, possono assumere un peso diverso. Molto significativa, ulteriormente, è anche la sequenza successiva ancora: a schermo ci viene mostrata una comparazione tra una giovane Minmay, che nota passando per strada un cartellone pubblicitario nel quale viene illustrata la Macross – a bordo della quale poi salirà - e la sua versione adulta, in procinto di partire. La scena pare identica: anche questa volta la ragazza si sofferma per strada ad osservare qualcosa, eppure a sto giro qualcosa è cambiato. Al posto della Macross, sul cartellone pubblicitario, abbiamo sponsorizzata bellamente la SDF-2 Megaroad- 01, erede e succeditrice della prima, concepita come la primissima astronave di lunga distanza volta alla colonizzazione di massa dello spazio (e di fatto sancendo il suo effettivo inizio), e sulla quale vi si imbarcherà Minmay, prendendo il largo verso le colonie spaziali. Una Macross, teatro di innumerevoli vicende e battaglie, che l’aveva accolta da ragazzina mentre adesso se ne va una Minmay diventata adulta e al picco più alto della sua carriera da cantante, in quello che mi verrebbe da definire un bildungsroman vero e proprio. Ed indovinate un poco chi è il capitano di questa lussuosa e moderna nave? Nientepopodimeno che Misa affiancata dal suo fidato Hikaru, al quale viene affidata la scorta dell’astronave in qualità di capo squadriglia. Viene poi la partenza effettiva della Megaroad, intervallata dalla presenza in più scene di una giovane Minmay, quasi come se quest’ultima stesse assistendo di persona al commiato della sé adulta. Il culmine di questa sequenza è molto semplicemente arte: la sé stessa giovane, prima inquadrata di spalle in campo largo ed ora colta in primo piano, passa da una espressione apparentemente afflitta ad un rischiarato riso, volgendo frattanto il suo sguardo verso il cielo. Ed i suoi capelli, mossi dal leggiadro vento, paiono fondersi armoniosamente con il cielo azzurro, lasciando pertanto intravedere al loro interno la scia lasciata dalla Megaroad durante la sua partenza. Ma la regia, non contenta, ci regala un’altra perla: assistiamo a quella che è anche l’ultima scena nel film, ossia la ascesa verso il cielo dello “spirito” della ragazza, con la differenza che questa volta essa si salda con un’altra scena avente una “prospettiva dall’alto”, nella quale vediamo Minmay – adulta - a bordo dell’astronave intenta ad osservare il panorama del suo pianeta natio. Poiché il suo etereo spirito pare ascenda verso l’alto, ci viene data così l’impressione che esso tenda verso la sé stessa a bordo dell’astronave, quasi congiungendo le due versioni di ella e con una ricongiunzione dei, fino a poco prima, distinti e separati piani narrativi e della realtà. La ciliegina sulla torta viene servita poco dopo, allorquando con uno scenico ed aggraziato inchino performato sullo stage per il suo concerto d’addio, Minmay sancisce la conclusione della storia, salutando e ringraziando essa medesima assieme ai suoi spettatori – sia virtuali che reali -. Il ciclo della prima storica serie di Macross, dunque, addiviene in ultima battuta al suo termine, e con esso i suoi meravigliosi ed umani personaggi, che tanto hanno donato allo spettatore. L’ultimissimo cut del corto ci mostra in primo piano il volto della cantante nell’istante appena successivo alla conclusione del suo ultimo concerto: mentre lo schermo tutt’attorno sfuma e si fa sempre più evanescente, scorgiamo una Minmay esibirsi in un lieto sorriso, nel bel mezzo della acclamazione del pubblico, a riprova di come il canto sia sempre stato il suo vero amore e (di come) si sia definitivamente consacrata nella sua professione di cantante.In conclusione, Flash Back 2012 rappresenta il finale perfetto, emozionante e poetico che pone l’ultimo tassello completante la storia della prima serie, lato sensu, del franchise, condito da un montaggio complessivo e da una regia che definire geniali e straordinari sarebbe alquanto riduttivo.
Due parole sul comparto grafico
Prima di lanciarmi a capofitto nel sonoro volevo fare un excursus sul comparto grafico. Indubbiamente, uno dei punti di forza di questa pellicola è la partecipazione alla sua realizzazione della maggior parte dello staff che aveva lavorato anche alla serie animata di due anni prima: questa, malgrado tutte le sue innovazioni soprattutto grafiche, aveva – e com’era giusto che fosse – i suoi alti ed i suoi bassi mentre questa è semplicemente perfetta. Il comparto grafico è eccellente e di qualità elevatissima: è letteralmente un Macross con gli steroidi, all’ennesima potenza. In effetti, il budget con il quale è stato prodotto era, per gli standard rappresentati ai tempi, molto alto: 400 milioni di ¥ (allora equivalenti a quasi 1mln e 700mila dollari, ad oggi equivalenti a più di 5mln di dollari). Si trattò del secondo del secondo budget più alto di sempre ad allora dopo soltanto Lupin III: Il castello di Cagliostro (ルパン三世 カリオストロの城), film che segnò l’esordio come regista di Miyazaki Hayao e costato 500mlm di ¥. Nemmeno la saga cinematografica di Uchū Senkan Yamato, targata quattro mani dai mitici Matsumoto Leiji e Nishizaki Yoshinobu, si avvicinò mai a tali soglie. Questa classifica verrà poi disintegrata malamente dalla pellicola cinematografica di Akira di Katsuhiro Otomo del 1988, per la quale si raggiunse l’abnorme budget di 1 miliardo di ¥. Nemmeno Ai oboete imasu ka, però, scherzò dal momento che vennero coinvolti per la sua realizzazione ben quattro studi di animazione, tra i quali spicca ovviamente la Tatsunoko Production, uno degli studi di maggiore successo, celebre in particolare per aver reinterpretato diciamo “alla nipponica maniera" l’influsso dei fumetti supereroistici americani, dando vita, tra i più notori, a Casshern (in originale Kyashān, dall’omonimo Shinzō ningen Kyashān/新造人間キャシャーン) e fondata nel lontano 1962 da uno dei più grandi pionieri della storia animata, Yoshida Tatsuo. E poi, naturalmente, i grandi geni che vi lavorarono dietro (già elencati in una delle prime sezioni di questa analisi), con il “creatore” Kawamori Shoji all'epoca solo ventiquattrenne. Il character design dei personaggi umani era nelle mani di Mikimoto; quello dei personaggi alieni affidato a Hirano Toshiki; per ultimo ma non meno importante, il mecha design venne lavorato da Itano Ichirō, personaggio sino ad ora sottaciuto e da me mai menzionato ma del quale, finalmente, posso parlarvi. Questo signore rivoluzionò le scene d’azione ed il modo di combattere all’interno dell’animazione durante gli anni ottanta giapponesi: il suo stile d'animazione è stato rinominato (pare già dai suoi colleghi di lavoro al tempo) e viene tutt’oggi ricordato come “Itano circus” (板野サーカス) o, in alternativa, come “Macross missile massacre”, proprio in onore della serie nella quale più ha brillato tale tecnica. Essa, in sostanza, consiste in una raffigurazione dei dogfight (ossia dei combattimenti aerei a distanza ravvicinata) estremamente dinamica ed acrobatica, con una camera rapidissima, talvolta accompagnata da movimenti vorticosi ed il cui denominatore comune sono una miriade di missili guidati lanciati all’inseguimento del nemico, caratterizzati da scie tortuose e fumose e/o traiettorie irregolari, dettagliatamente e meticolosamente animate una per una e dalle successive e conseguenti schivate spettacolari effettuate dai caccia. Si tratta di scene mozzafiato, contrassegnate dalla spettacolarità, dall'acrobatismo e dalla loro rapidità di esecuzione, incarnanti il concetto ed il significato di azione a tutto tondo. Questa visione di raffigurare le scene d’azione ha rivoluzionato le battaglie nell’animazione convenzionale, soppiantando i classici duelli, nel senso stretto del termine, spesso uno contro uno e dai toni drammatici che avevano sempre contraddistinto le produzioni dei decenni precedenti (mi viene alla mente, molto banalmente, il duello finale tra il Great Mazinger e il Generale Nero, probabilmente tra gli scontri più cavallereschi di sempre), con dei campi di battaglia dinamici, gremiti di caccia scattanti e soverchianti fiumi di missili. Da allora, ovviamente, questa tecnica di animazione è stata replicata nell’ultimo trentennio da altrettanti animatori in altrettante e numerose produzioni, divenendo consuetudine in tal genere, e sempre con l’obiettivo di far rivivere allo spettatore quella sensazione di eccitamento a schermo. L’impiego del termine “circo" deriva dall’utilizzo di un omonimo soprannome riferito al reparto aereo di Genda Minoru: abilissimo pilota, fu un aviatore nonché generale presso le Forze aeree della Marina Giapponese ed, altresì, uno degli ideatori principali, assieme agli ammiragli Ōnishi Takijirō e Yamamoto Isoroku, del piano d’attacco su Pearl Harbor. Divenne noto in madrepatria sin dagli anni trenta guidando una squadriglia di biplani della marina nel famoso Yokosuka Kōkūtai (ossia il primo gruppo aereo da caccia della Marina Giapponese), impegnato anche in manifestazioni aeree e in dimostrazioni acrobatiche, che divennero note con l’appellativo, appunto, de “Il circo volante di Genda”. Naturalmente, quando ho illustrato le innovazioni introdotte nella serie televisiva di Macross, vi si ricomprende, chiaramente, anche questa: unito ai minuziosi chara design dei mecha ed ai riflessi di luce ed ombreggiature verosimili, l'amalgama che ne venne fuori fu una meraviglia per gli occhi di tutti gli appassionati dell’epoca. Il culmine scenico lo si raggiunge con la sequenza conclusiva della battaglia finale contro gli Zentradi, con l’irruzione della Fortezza Macross e del Valkyrie di Hikaru nella astronave madre nemica: egli, accompagnato dalle dolci note di Minmay, si fa strada verso il Patriarca Zentradi, esplodendo fiumi di missili e dimenandosi a bordo del caccia, assestando, infine, il colpo di grazia definitivo, in una scena che, non importa quante volte la riguardi, susciterà in me sempre profonda ed immensa commozione, tale da condurmi a lacrime di gioia.
La spettacolare sequenza finale
Lascerò qui di seguito un video compilation di Itano Circus, di modo che chi fosse interessato possa farsi un’idea ben precisa di cosa esso comporti.
Possiamo di certo dire che il 1984 fu un anno veramente fortunato e benedetto dall'arte: oltre alla pellicola di Ai oboete imasu ka, vennero alla luce anche altri due assoluti capoavori, Nausicaä della Valle del Vento (風の谷のナウシカ; Kaze no tani no Naushika), diretto sempre da Hayao Miyazaki ed uscito prima ancora della fondazione dello Studio Ghibli, (fondazione) che sarebbe avvenuta l’anno seguente; l’altro è Urusei Yatsura – Beautiful Dreamer (うる星やつら2 ビューティフルドリーマー , Urusei Yatsura ni - Byūtifuru Dorīmā) – il nostrano Lamù –, film straordinario e visionario con in cabina di regia un altro fenomenale regista, Oshii Mamoru.
Ebbene, in quella fatidica annata, in relazione ai gradimenti del pubblico Nausicaä si posizionò prima, Macross secondo e Urusei Yatsura 2 al terzo posto. Una annata zeppa di successi per le pellicole cinematografiche, assolutamente trionfante sotto ogni punto di vista, soprattutto economico, se si considerano gli incassi spaventosi conseguiti dai tre film in questione. Chissà se per i giapponesi questo anno viene ricordato con particolare nostalgia. Chissà. Perché in fondo soltanto loro possono saperlo con esattezza.Arte & arte.
… e sul comparto sonoro
E per ultimo, ma non meno importante, mi soffermerò sul sonoro, per gli opportuni approfondimenti ad esso legati. I due singoli di questa pellicola, già accennati precedentemente, sono la canzone di copertina del film, “Ai Oboete imasu ka?” (愛・おぼえていますか/ Ti ricordi l’amore?) e “Tenshi no Enogu" (天使の絵の具), impiegata come ending theme della pellicola e per il concerto di addio di Minmay tenutosi sulla Terra. Partiamo dalla prima: la canzone venne scritta da Yasui Kazumi e Katō Kazuhiko ed è a tutt’oggi il singolo più famoso e redditizio della Ijima Mari. Si classificò come settimo nelle classifiche singole della Oricon mentre si posizionò 38esimo nella classifica Oricon di fine anno (1984), con oltre 270,000 copie vendute. Vinse, inoltre, il premio dell’anime Grand Prix assegnato per la categoria canzoni, grazie ai voti dei lettori della rivista Animage. Ma andiamo oltre le mere statistiche, sicuramente significative ma sino ad un certo punto: abbiamo visto come gli autori di Macross, nel concettualizzare il personaggio di Minmay abbiano trovato delle fonti di ispirazione nella realtà. Ed allora la domanda potrebbe sorgere spontanea anche in questo caso: persino dietro questa canzone si nasconde un modello di riferimento nella realtà che l'ha influenzata? Ebbene la risposta è, parimenti, sì: come confermato dallo stesso Kawamori in qualche intervista (già al tempo) la canzone “Lili Marleen” (che può essere scritta anche in altri modi) ha avuto su di lui una certa influenza nel concepimento di queste idee. Lili Marleen è una canzone d’amore di origini tedesche che ha trovato grandissima fortuna durante la Seconda Guerra Mondiale, interessando tanto le forze dell'Asse quanto quelle Alleate. Ma andiamo con ordine: la canzone, stando a quanto sappiamo, non nasce originariamente con tale veste; nacque, bensì, come breve poemetto, composto da tre versi, scritto da Hans Leip (1893-1983), scrittore e poeta tedesco, al tempo professore presso la città di Amburgo e coscritto ad entrare nell'esercito imperiale tedesco. Venne composto nel 1915, allorquando codesto era in procinto di partire verso il fronte russo durante la prima guerra mondiale. Il nome “Lili Marleen” venne coniato unendo il nome della fidanzata di un suo amico (altre fonti riportano si trattasse direttamente della sua), chiamata Lili, a quello di un’altra donna, Marleen appunto, che svolgeva la professione di infermiera. Il poemetto venne poi pubblicato nel 1937 sotto il titolo di “Das Lied eines jungen Soldaten auf der Wacht” (La Canzone di una giovane sentinella), comprensiva di due versi aggiuntivi. Venne poi trasposta in musica l’anno seguente da Norbert Schultze, prolifico compositore della musica cinematografica e facente parte sia del NSDAP che dello staff di Joseph Goebbels, ed, infine, incisa e cantata l’anno ancora dopo, nel 1939, per la prima volta in assoluto da Lale Andersen, che fu la prima di tante interpreti celebri a prestare la voce alla canzone. Fu tuttavia soltanto alcuni anni più tardi che su elevò a hit internazionale del momento, trascendendo il conflitto mondiale in corso e divenendo la canzone “di tutti i soldati al fronte": dopo l’occupazione di Belgrado da parte delle forze tedesche nel 1941, Radio Belgrado divenne la stazione radio di queste ultime sotto il nome di “Soldatensender Belgrad", con trasmissioni udibili in tutta Europa e nel Mediterraneo. E da allora si espanse a macchia d’olio, accompagnando le vite di tantissimi soldati, che, stando alle memorie, erano soliti ascoltarla al termine della stancante giornata. Anche nel tardo 1944, ad una liberazione ormai prossima di Belgrado, continuò ad essere trasmessa, in concomitanza con l’avanzata dell’Armata Rossa. Sempre nel medesimo anno la divisione “Morale Operations" delle O.S.S. inglesi avviarono il “Progetto Muzak", consistente in una propaganda musicale mediante le trasmissioni finalizzata a demoralizzare i soldati nemici. Vennero per tale scopo riutilizzate delle registrazioni dell’attrice e cantante tedesca Marlene Dietrich, fuggita negli Stati Uniti per scampare ai nazisti, e tra queste ve ne era una proprio di Lili Marleen. La Dietrich la performò davanti alle truppe alleate e, con molta probabilità, fu in ultima battuta proprio il suo contributo a renderla famosa in tutto il resto del mondo e, mi permetto di aggiungere, ad eternarla definitivamente nella storia, venendo ad oggi ricordata come una delle migliori canzoni mai esistite, se non la più bella di tutti i tempi. E, non so chi leggerà, ma io trovo tutto questo semplicemente stupendo, condito da una magia soprannaturale che a parole non saprei spiegare. La canzone, comunque, non ebbe vita facilissima: pur raggiungendo la fama in tutto il mondo, venne ugualmente osteggiata innumerevoli volte da Goebbels in persona, che dovette però arrendersi alle lettere di protesta redatte dagli stessi soldati tedeschi, tra cui i quali persino il feldmaresciallo Rommel, facendo in tal modo riprendere le trasmissioni fino a poco prima proibite. Semplicemente il potere della musica. Finita qui? Macché. Ora, in nome di Iddio ai lettori l’ardua sentenza – in questo contesto -, ma non posso non riportare anche questo fatto, veritiero o romanzato che sia. Si narra della storia – oserei incredibile – dello studente del secondo anno Jack L. Tueller, il quale armato della sua fida tromba si arruolò nell'Army Air Corps statunitense durante la seconda guerra mondiale. Il ragazzo, troppo giovane per fare il pilota, fu inizialmente addestrato come operatore radio ed assegnato, successivamente, ad un bombardiere B-25. Nel giugno del ’43 venne mandato in Inghilterra, per la prossima invasione della Francia; dopo lo Sbarco in Normandia, le truppe alleate costituirono una testa di ponte (una linea temporanea di difesa creata a seguito di uno sbarco via mare per la difesa dell’area circostante) in Francia ed iniziarono a costruire anche una pista d’atterraggio presso Omaha Beach. Durante le operazioni cecchini tedeschi uccisero numerosi lavoratori: il comandante di Tueller gli raccomandò di non suonare, ovviamente per non attirare l’attenzione dei cecchini. Ma l’uomo ignorò il suo ordine e suonò ugualmente: la scelta ricadde, astutamente, proprio su Lili Marleen, canzone d’amore tedesca. E come per magia i cecchini si silenziarono. La mattina seguente la polizia militare lo informò che uno dei prigionieri fatti tra questi aveva posto delle domande circa chi stesse suonando la tromba; Tueller si precipitò presso la zona prigionieri e quando incontrò tal suddetta persona, essa scoppiò in lacrime e affermò di non aver potuto sparare in quanto mosso dai ricordi della sua fiancée e della sua famiglia. Davvero, come non mai, il potere della musica. Minmay non è che c’eri tu imbucata da qualche parte? Ma non soltanto della musica: anche il potere dell’amore. Già; te lo ricordi l’amore? Ed ecco che magicamente tutto torna come un urobòro; ed ecco che allora le parole di Misa al termine del film assumono ancora più valore e diventano più che mai veritiere: appena conclusa l’esibizione di Minmay che ha condotto l’umanità al vittoria, una sorpresa e stupita Claudia, sua collega di lavoro, le domanda come sia possibile che il canto della ragazza abbia sortito un tal effetto sui loro avversari, e Misa dapprima le risponde dicendole che si tratta di “un semplice canto popolare”, aggiungendo poco dopo che fu una canzone molto conosciuta in quella città aliena decine di migliaia di anni fa. Ed, infine, concluderà dicendo con un sorriso sereno sulle labbra: “(Si tratta) di una comunissima… canzone d’amore”. E Misa ha assolutamente ragione, perché molto probabilmente il sentimento dell’amore è quel che di più umano una persona ha: l'amore verso i propri cari, l’amore verso la donna che si ama, l’amore verso i propri compagni od amici, l’amore verso la patria e chi più ne ha più ne metta. Questo sentimento di fratellanza e coesione universale non risulta estraneo nemmeno ad una razza aliena che nella sua vita non aveva fatto altro che massacrarsi a vicenda, logorandosi in continue ed infinite battaglie. Certo era stato perso, ma ora ha prevalso nuovamente ed è stato riacquisito assieme alla cultura latamente intesa. Perché in un certo senso la musica è essa stessa una forma di cultura di un popolo; non credete anche voi? Viceversa, cambiando prospettiva potremmo dire che, d’altra parte, l’amore sia un concetto comune a tutti i tipi di culture. In ultimissimo luogo – questa è una curiosità – per chi si stesse chiedendo (o se lo sia già chiesto) se è mai stata cantata una versione originale del testo della canzone, ovvero in protoculturiano – lo so fa abbastanza ridere -, essendo questa come sappiamo una canzone di origini aliene della quale viene decifrato soltanto il lyrics, la risposta è sempre affermativa. Ci stai davvero dicendo che esiste una versione di Ai oboete imasu ka cantata in lingua aliena? Lo so che potrei sembrare un burlone ma, ribadisco, son serio. Per poterla ascoltare però bisognerà attendere l'ultima serie del franchise, Macross Δ, e con esso una delle sue protagoniste femminili, Mikumo Guynemer.
Che dire, invece, della seconda canzone? “Tenshi no Enogu" (天使の絵の具), universalmente tradotto in inglese come “Angel's Paint” e che in italiano può essere reso come “La pittura dell’angelo”, non soltanto venne cantato dalla Ijima ma è stato proprio scritto da quest’ultima – infatti è sia cantante che compositrice –. Si tratta di un brano a mio avviso cruciale per comprendere i sentimenti della ragazza e il suo stato d’animo al termine della pellicola e non è ovviamente un caso che sia stata inserita come canzone conclusiva della stessa. Ma essa, più nello specifico, di cosa parla? La sua protagonista – chiaramente Minmay stessa – ripensa a tutto ciò che le è capitato, in particolar modo agli eventi tristi, constatando come questi le abbiano colorato il suo cuore di blu (V.O. recita “Kanashii dekigoto ga Buruu ni someta kokoro mo”). Ma poco dopo all'ascoltatore viene menzionato un particolare tipo di pittura, quella dell’angelo (appunto Tenshi no Enogu), che ella impiegherà per ridipingere il suo tinto cuore, appianando così i suoi tristi ricordi (“Tenshi no enogu de nurikaeru yo”). Curioso (o significativo) che il rigo immediatamente successivo a questo reciti: “Omoi no mama ni", frase che può essere resa come “Nella maniera in cui io voglio/Come voglio”. Al di là della traduzione più calzante di questa espressione in italiano, quel che costituisce un dato di fatto certo è che essa sottintende, comunque la si guardi, una certa volontarietà e quindi (potrei provare a definirla) una certa libertà di controllo. Cosa otteniamo quindi congiungendo tutti i puntini sino ad ora disseminati? Semplicemente che, nella sua meraviglia, questa canzone incarna ed esprime il superamento del trauma da parte di Minmay e che, al momento nel quale questo brano viene cantato, tale passaggio, tale traslazione è, oramai, già avvenuta o quantomeno s'è avviata verso la sua definitiva conclusione. Posta ad un livello ancora più banale questa canzone è il simbolo di una vita che finalmente, dopo un lungo travaglio, può ricominciare a scorrere serena, con delle note rasserenate e di lietezza, verso le infinite possibilità che il suo futuro era pronto ad offrirle. Il messaggio ultimo che questo brano allora ci offre, ho ragione di ritenere, sia qualcosa di molto importante; probabilmente per certi versi scontato ma talmente importante da dover comunque, e a prescindere, essere sempre ricordato: qualcheduno ci ha fatto il più grande dono che l’uomo potesse mai desiderare, la vita. E questa vita va vissuta e proseguita al pieno delle sue possibilità; ella non può fermarsi. Ma non perché essa non possa, perché ciò che non si fermerà mai sarà il tempo, né tanto meno potremo mai essere capaci di riavvolgerlo. L’essere umano purtroppo, ad oggi, non ha ancora la bacchetta magica. La vita è anche una ardua prova: fatta di alti e bassi, fatta di momenti di spensierata gioia e infinita tristezza, in un continuo ondulare di montagne russe, intrisa di momenti di difficoltà, alle volte, forse, talmente soffocanti da ritrovarci con le spalle al muro. Eppure io son convinto che questi “Kanashii omoide”, questi tristi ricordi, possano essere dissipati con un poco di determinazione, di forza di volontà e, soprattutto, con la vicinanza di chi ci sta vicino e ci vuole bene. Poi, com’è nella natura delle cose, le ferite dell’animo saranno più lente a rimarginarsi ma, son sempre convinto, che il tempo faccia il suo corso e lentamente, molto lentamente, le possa ricucire. E non dirò, con artificiosa ipocrisia, “Mai arrendersi" perché la resa nella vita può capitare. Ma, ed è questo ciò che davvero conta, rialzarsi, rimettersi in piedi sulle proprie gambe e riprendere a camminare, alla volta di un futuro che potremo scoprire soltanto vivendo. Anche nei momenti più bui della nostra vita, come la cara Minmay, si può sempre trovare il modo di guarire e andare avanti: questo è, secondo la mia personale lettura, il sensus ultimo di Tenshi no Enogu. Una canzone dai toni rasserenanti, che nel complesso suggerisce un senso di speranza e di fede nel (nostro) futuro. O forse sarà l’immagine del candore angelico a rappresentare un conforto maggiore nei nostri confronti – per chi crede –, come suggerisce sempre il testo della canzone, dal momento che verso la sua parte finale si accenna ad una “luce infinita" (Eien no hikari) che un giorno la “convocherà” (Itsuka[…] watashi wo izanau). Torniamo, allora, ad alcuni paragrafi fa, laddove mi accingevo a descrivere gli ultimi attimi della reale postfazione del film in Flash Back 2012: quando lodavo e decantavo la regia e la costruzione delle scene in suddetto corto, non lo facevo tanto per ma perché è davvero così. In quella scena, che non ho finito di descrivere poc’anzi e che ora posso finalmente completare, nella quale vediamo in un primo momento Minmay girata di spalle in campo largo e, successivamente, poi colta in primo piano, si può notare la perfetta e meticolosa sincronia tra le immagini a schermo e i versi della canzone in sottofondo: quando è ancora girata di spalle ecco che risuona la prima strofa del ritornello: “Tristi eventi hanno colorato il mio cuore di blu”, mentre quando Minmay viene colta in primo piano vi corrisponde quello seguente: “Li ridipingerò con la pittura dell’angelo/ Così come [io] voglio”. E per chi si ricorda cosa accade a schermo pochi secondi dopo, o più semplicemente per chi ha visto il film, saprà che la ragazza si volterà con un riso speranzoso, levando lo sguardo verso il cielo azzurro. Posso ripeterlo infinite volte: geniale. Sublime. E assolutamente coerente con il proposito della canzone, la quale funge da cornice perfetta per il risvolto conclusivo delle vicende del personaggio di Minmay nonché dell’intero epilogo di tutta la storia.Come in precedenza, lascerò qui di seguito i video nei quali è possibile ascoltare i due singoli sopra esaminati cantati dalla Ijima Mari (nel caso auguro buon ascolto).
In conclusione
E questo, signore e signori, era tutto ciò che avevo da dire con riguardo a questo strabiliante capolavoro nonché pagina di storia indelebile e perpetua. Un film indubbiamente specchio del contesto nipponico dell’epoca, rappresentante le sottoculture e quei fenomeni al tempo alla ribalta, come quello delle idol (a tutt’oggi in voga); dell’ambiente di benessere economico vigente negli anni ottanta giapponesi, del quale viene lasciata una spessa traccia nei dipinti della città; elettosi ad icona di quel 1984 tanto glorioso e intriso di successi. Un film che fa della espressività il suo massimo punto di forza; un film che parla in primo luogo d'amore, mostrandoci e ricordandoci di quanto esso, in tutte le sue forme, sia il sentimento più mirabile ed umano in assoluto. Un film capace di emozionare; capace di catturarti e smuoverti qualcosa nel profondo. E che, personalmente, continuerà ad emozionarmi indipendentemente dalla mole di volte che lo riguarderò. Pertanto, pur da amante del franchise nella sua totalità e pur essendoci altre opere parimenti meritevoli (ne potrei citare svariate), ritengo, alla luce di quanto illustrato poco sopra, che questo sia in assoluto - e per distacco - il punto più elevato di tutto Macross. A tal punto che Minmay stessa oltre ad eternarsi nella storia dell’animazione, verrà ricordata come leggenda persino all’interno del racconto medesimo, e la sua pesante eredità sarà raccolta dalle succeditrici che la seguiteranno, attraverso un sublime passaggio di testimone. Chissà se tra innumerevoli cicli anche la nostra civiltà sconquassata lascerà delle vestigia; magari, perché no, proprio una piastra sulla quale vi si potrebbe scorgere scritto qualcosa… Ed allora uno dei ritrovatori, forse in grado di comprendervi un poco e dopo essersi concesso una lettura, potrebbe rivolgersi al suo compagno e domandargli: “Te lo ricordi l’amore?”.
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SCORE
- (3.25/5)
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Ended inJune 21, 1987
Main Studio Artland
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